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  • Immagine del redattoreAvv. Francesco Ranieri

Cassa Forense: le amare (e condivise) riflessioni di un Collega.

Ci sono momenti in cui "d'un bel tacer non fu mai scritto". Certamente da ascriversi a quella categoria è la lettera indirizzata a noi avvocati dal Collega, esimio Presidente (immagino e spero, ancora per poco) Avv. Nunzio Luciano della nostra Cassa di Previdenza.

A quella mail, arrivata con rimarchevole tempismo, alle ore 12.52 di domenica 22 marzo, giusto in tempo per rovinare il pranzo domenicale, replico anche io con le parole del Collega Flavio Del Soldato cui non saprei aggiungere nulla di pù.





Egr. Sig. Presidente Avv. Nunzio Luciano,

mi Vorrà perdonare se dal Suo “Comunicato del Presidente”, apparso nella mia casella di posta elettronica, domenica 22 marzo 2020, ho isolato le ultime righe con le quali Ella invita: « (…) a non cavalcare richieste di misure inattuabili ed insostenibili anche perché non praticabili da un punto di vista normativo, statutario e regolamentare, ricordando che Cassa Forense non è lo Stato e non può adottare con le sue risorse misure sostitutive del reddito per 245.000 colleghi. Per questi motivi, con spirito di fiducia e collaborazione, vi chiediamo di guardare all'istituzione Cassa Forense come patrimonio di tutta l’Avvocatura. #Andràtuttobene specie se#Restiamouniti».

Ella ricorda che la cassa non è lo Stato. Ed ha ragione.

Lo Stato, che talvolta faccio fatica a tollerare, in situazioni di emergenza, tuttavia, si ricorda dei suoi cittadini e, nella circostanza, riconosce ai liberi professionisti titolari di partita iva, iscritti alla Gestione separata INPS, un'indennità per il mese di marzo pari a 600 euro, erogata previa domanda, nel limite di spesa complessivo di 203,4 milioni di euro per l'anno 2020 (art. 27, D.L. 17/03/2020, n. 18, Misure di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19).

Mi permetterà di farLe osservare che l’indennità erogata dall’INPS è predeterminata (600 euro), universale (vale per tutti gli iscritti), immediata (basta la domanda), ed incondizionata (niente fasce reddituali, niente “comprovate ragioni” tipiche della diabolica probatio, niente commissioni di valutazioni arbitrarie).

La cassa non ha riconosciuto, e nemmeno proposto, niente di analogo.

La cassa non è lo Stato, ma - immagino - Ella non si sarà dispiaciuta quando con legge n. 247/2012 venne regalata alla cassa l’esclusività del rapporto previdenziale, con il divieto per gli avvocati di scegliere a quale gestione destinare il loro risparmio previdenziale (INPS, Assicurazione privata, oppure la stessa cassa). E comunque non risultano serie obiezioni ed opposizioni da parte Sua. Per l’effetto, Ella oggi preside una fondazione dotata di monopolio legale. Non è lo Stato. Ma con il regime di monopolio legale, la cassa si comporta come lo Stato.

La cassa non è lo Stato, ma per recuperare denaro da noi avvocati si avvale della cartella di pagamento; del fermo amministrativo sulle nostre autovetture. Non è lo Stato. Ma si comporta come lo Stato.

La cassa non è lo Stato, ma obbliga noi avvocati a prelevare dai nostri clienti il 4% su ogni fattura per poi consegnarlo a cassa. La cassa non è lo Stato ma, obbligandoci a fare i sostituiti d’imposta, si comporta come lo Stato.

La cassa non è lo Stato, ma la cassa non perde mai occasione di ricordare, nelle causa contro noi iscritti, che la privatizzazione degli enti previdenziali non ha immutato il carattere pubblicistico dell’attività di previdenza ed assistenza svolta dagli enti, articolandosi invece sul diverso piano di una modifica degli strumenti di gestione (Corte Cost., 248/1997). La cassa non è lo Stato. Ma si comporta come lo Stato.

E mi permetterà di segnalarLeLe ciò che si legge sul website della fondazione che presiede. Previa citazione della giurisprudenza pertinente, che voglio prendere per buona, e senza che vi sia stata smentita, la cassa proclama che: «Quindi, in sostanza, la potestà regolamentare dell’ente può operare in difformità della fonte primaria di legge, pur in presenza di un orientamento giurisprudenziale consolidato in senso contrario. Tale pronuncia rimarca, pertanto, l’autonomia della Cassa e la discrezionalità che caratterizza il relativo esercizio regolamentare, riaffermando il principio già espresso dalla Corte Costituzionale, in base al quale, in virtù dell’esigenza di stabilità di bilancio – che rappresenta il principale limite funzionale all’esercizio dei suoi poteri regolamentari – la Cassa può, con proprio regolamento, abrogare le disposizioni di legge».

La cassa non è lo Stato, ma si comporta come lo Stato. Anzi, con regolamento abroga addirittura le disposizioni di legge. Si comporta come un super-Stato.

Noi avvocati non abbiamo chiesto a cassa di essere lo Stato, bensì di comportarsi come lo Stato. Sempre. In ogni situazione. Nella buona e nella cattiva sorte. Oggi è il tempo della cattiva sorte. L’INPS (lo Stato) ha riconosciuto un’indennità, peraltro contenuta, con le caratteristiche sopra evidenziate. La cassa no.

La cassa ha deciso di non comportasi come lo Stato, nonostante avesse la disponibilità economica e finanziaria per farlo.

Faccio riferimento al cosiddetto (rectius falsamente detto) contributo previdenziale integrativo. Il 4% che ciascun avvocato espone in fattura, e che vale circa un terzo delle entrate di cassa forense.

Come ciascuno saprà, il contributo previdenziale integrativo non è utile ai fini previdenziali. Ciò che cassa, infatti, si ostina a denominare contributo previdenziale integrativo tale non è in quanto al suo versamento “non segue la costituzione di alcuna posizione previdenziale" (Cassazione civile sez. VI, 10/01/2020, ud. 24/09/2019, dep. 10/01/2020, n. 317) e “non attribuisce al lavoratore una copertura assicurativa per gli eventi della vecchiaia, dell'invalidità e della morte in favore dei superstiti” (Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, sentenza 12.12.2018 n. 32167).

Allora, se il contributo previdenziale integrativo (ma forse sarebbe meglio chiamarlo col suo nome: maggiorazione; cosicché non si ingenerano fraintendimenti) non attribuisce alcuna copertura previdenziale, a cosa serve?

Ella lo sa meglio di me: «La contribuzione integrativa assolve a finalità di solidarietà intercategoriale» (cfr. lettera di cassa forense prot. n. 3874 del 12.01.2016 ad avv. Flavio Del Soldato, e per conoscenza al Ministero del Lavoro).

Assistenza e solidarietà che la cassa ha negato a 245.000 colleghi, cittadini, persone.

Ma quanto vale la maggiorazione del 4% sul volume d’affari?

Nel 2017 il fatturato dell’avvocatura è stato di € 13.077.588.956 (tredici miliardi e spiccioli di euro) e il 4% di € 13.077.588.956 è € 523.103.558,24 (cinquecento/23 milioni e spiccioli euro).

Pertanto, sul fatturato del 2017, cassa, nel 2018, ha incamerato dagli avvocati (rectius dai clienti degli avvocati) € 523.103.558,24 (cinquecento/23 milioni e spiccioli di euro).

Sul fatturato del 2018, cassa, nel 2019, avrà incamerato, verosimilmente, altri € 500.000.000 (cinquecento milioni).

Ritengo che Ella, se vorrà, non avrà difficoltà a comunicare gli importi precisi.

Calcolando un’indennità, per il mese di marzo 2020, di € 600 in favore di tutti i 245.000 avvocati, sarebbe stata impegnata la somma di € 147.000.000 (centoquarantasette milioni di euro) (€ 600 X 245.000 = € 147.000.000).

E sarebbero avanzati € 353.000.000 (trecento/53 milioni euro) (€ 500.000.000 - € 147.000.000 = € 353.000.000), sufficiente per pagare, l’indennità di € 600, a tutti gli avvocati, anche per i mesi di aprile e maggio 2020, con ulteriore resto, per la mancia, pari a € 59.000.000 (cinquantanove milioni di euro).

Orbene, oggi, tutti noi avvocati dovremmo avere in mano quanto riscosso l’anno scorso (2019) dai nostri clienti con la maggiorazione del 4%, dovremmo cioè essere in possesso di circa € 500.000.000 (cinquecento milioni di euro), che dovrebbero essere versati l’anno successivo, cioè quest’anno (2020), dopo l’autoliquidazione e trasmissione del modello 5.

Posto che la cassa ha dimostrato di ignorare quello che, di fatto e di diritto, in tempo di crisi, costituisce un modello di riferimento, ossia la Gestione Separata - che non è l’Eden, si badi - e che, comunque, ha riconosciuto, a tutti i suoi iscritti, un’indennità di € 600 per il mese di marzo 2020, sarebbe giunto il momento di porLe una domanda.

È «sostenibile», «attuabile», «praticabile», anche dal punto di vista etico, morale, umano, giuridico, vuoi per stato di necessità, vuoi per eccezione di inadempimento, vuoi per giustizia sociale, consegnare a cassa l’importo di € 500.000.000,00 (cinquecento milioni di euro), che con il 4% noi abbiamo riscosso nel 2019 dai nostri clienti, oggi nelle nostre mani, dopo che la stessa cassa ha dimostrato di ignorare i suoi obblighi costitutivi, a partire dal mancato riconoscimento a noi tutti dell’indennità di € 600 per il mese di marzo 2020?

Alla negata solidarietà da parte di cassa, in ciascun avvocato, in un momento così difficile, sorge il diritto di auto-tutelarsi, con l’auto-solidarietà.

Per questi motivi, con spirito di fiducia e collaborazione, Le chiedo di guardare al patrimonio degli avvocati come al patrimonio degli avvocati.

Avv. Flavio Del Soldato”

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